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risonanza magnetica e TAC - Centro Medica - Centro diagnostico Cinisi

Risonanza magnetica e TAC (più propriamente “TC”) sono due tra gli esami più utilizzati per la diagnosi e il monitoraggio di varie patologie e condizioni fisiche.
Controlli che quasi tutti affrontiamo almeno una volta nella vita, eppure spesso ci sottoponiamo a questi esami senza avere una reale consapevolezza di ciò che accade al nostro corpo in quel momento e delle possibilità che le macchine ci offrono.

Partiamo dai punti in comune.

Entrambe consentono di “fotografare” l’interno del nostro corpo.

Come tutti sanno, non sono esami di routine, soprattutto se una persona si sente bene ed è in buona salute. Sono test di secondo livello: in genere vi si ricorre, su indicazione dello specialista, dopo aver eseguito i test di primo livello (per esempio l’ecografia o la radiografia).

Entrambe vengono indicate con acronimi: RMN, che sta per “risonanza magnetica nucleare”, e TC, che sta per “tomografia computerizzata”. L’acronimo TAC è ancora molto diffuso ma ormai obsoleto: la “A” sta per “assiale” e si riferisce al fatto che fino a qualche anno fa l’esame era condotto lungo un solo asse, con sezioni perpendicolari alla lunghezza del corpo. Oggi invece esistono macchinari multistrato più moderni e i volumi vengono rilevati con una tecnica spirale che permette di ottenere immagini tridimensionali.

Tutti e due gli esami, infine, si svolgono da sdraiati.

Ma le analogie finiscono qui, perché risonanza magnetica e TC funzionano secondo tecnologie e princìpi diversi tra loro.

La TC sfrutta radiazioni ionizzanti (o raggi X), mentre la risonanza si avvale di campi magnetici.

  • Durante l’esecuzione della TC la macchina emette un fascio di raggi X con angolazioni diverse, che vanno a colpire organi, tessuti, vasi sanguigni, ossa, nervi, ecc. In questo processo i raggi X si attenuano, in una misura che dipende dalla consistenza dell’”ostacolo” colpito. Il computer collegato alla macchina è in grado di tradurre la modifica dei raggi X in immagini.
  • L’elemento principale delle RMN è il campo magnetico creato da un grande magnete. Quando il campo magnetico si attiva, gli atomi di idrogeno delle cellule appartenenti al distretto anatomico indagato cambiano orientamento, per poi ritornare alla loro posizione di partenza una volta disattivato il magnete. In questo processo gli atomi di idrogeno sprigionano un’energia, che la macchina utilizza per creare le immagini.

Per quanto riguarda le indicazioni diagnostiche e i distretti anatomici esplorabili, si tratta di dispositivi abbastanza simili: entrambi sono in grado di rilevare neoplasie, malattie vascolari, stati infiammatori, patologie scheletriche e muscolari. Da questo punto di vista, la scelta tra l’una e l’altra non è rigida. La differenza sta nel modo in cui le strutture anatomiche vengono indagate e studiate. Lo specialista stabilirà di eseguire l’una o l’altra sulla base del quesito clinico e di eventuali controindicazioni.

Per quanto concerne, appunto, le controindicazioni, è nota la potenziale dannosità dei raggi X, che tuttavia oggi è ridotta al minimo grazie alle macchine di ultima generazione. La RMN invece non è collegata a rischi particolari ma non può essere eseguita negli utenti con protesi o con dispositivi metallici, che possono interferire con il campo magnetico. I dispositivi più moderni presentano inoltre un’architettura aperta che riduce il senso di oppressione provocato dal macchinario a tunnel (risonanza magnetica aperta)

Anche la durata è diversa: la TC può durare dai 5 ai 20 minuti, mentre il tempo necessario per una RMN va dai 20 ai 60 minuti, secondo la parte anatomica da indagare e l’ipotesi diagnostica.

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